di Pietro Tonti

Un altro punto di vista, è un’altra Italia quella del Governo che non si basa sul tricolore ereditato dalla Repubblica Cispadana. Nell’era del Covid, dopo i DPCM della prima ondata del virus, con la seconda  si mutano i colori alle regioni.

Di quella bandiera italica resta solo il rosso sangue degli anziani deceduti che rappresentano le regioni a maggior incidenza di contagi e il Lock down. Il Giallo colore della fase più morbida di quelle che lottano per arginare il fenomeno pandemico, mentre quell’arancione diviene il preludio alla massima allerta per evitare di chiudere tutto.

In questo periodo si scrive un capitolo nero della storia d’Italia, in un anno bisesto e funesto per tutti. Vorremmo che fosse già alle nostre spalle, ma non è così, viviamo più o meno tutti nell’incertezza del futuro, nella precarietà e nell’angoscia; preoccupati dei nostri anziani, per la nostra salute di contrarre il virus. Ci crea panico la mancanza di libertà individuale, il distanziamento forzato. Ci trova impreparati psicologicamente la seconda ondata di fermo, in uno strano autunno dalle serate senza cinema, musica, balli, palestre; attività che danno senso e sfogo all’individualità, alla convivialità di noi esseri umani.

La privazione dei rapporti interpersonali digeriti nella prima fase, oggi divengono insopportabili. Lo slogan: andrà tutto bene, è scomparso, adombrato dalle città silenti, dei nostri comuni deserti. Tutti chiusi in casa ognuno nelle proprie ansie e nell’incertezza del lavoro, del domani e di una data dove poter far riferimento per ritornare alla normalità. Non ci sono più slogan, anche: “Io resto a casa”, appare desueto, inopportuno non più empatico con il momento drammatico di giorni che si susseguono con una spada di Damocle sul capo di ognuno, in uno stato di disorientamento mai percepito prima, nemmeno in epoca di terremoti.

Siamo ancora in un mare in tempesta, naufraghi nella speranza di un approdo, ancora troppo lontani dalla riva.

Il proverbiale distanziamento sociale, sbandierato nella prima fase del covid -19 per il Molise che ha permesso nei mesi estivi una visitazione turistica nelle aree interne di questa regione senza precedenti è andata alle ortiche, con un’esponenziale, quanto inatteso contagio anche nei comuni più remoti. Il parassita intracellulare sta dimostrando capacità di raggiungere i luoghi anche più ameni di questa piccola terra, contagiare e azzannare con il suo pericoloso acido nucleico i nostri anziani e condurli alla morte, in quelle che dovevano rivelarsi le residenze per loro più protette e sicure per garantirgli assistenza e longevità.

E’ un virus bastardo che possiede un metodo spartano di selezione, colpisce i malati e i nostri nonni, i deboli fisicamente e li trascina nel vortice dell’oblio.

Avremo la forza di sopportare, di uscirne questo è certo, ma la lotta ha bisogno di metodo, concretezza e decisioni anche impopolari per uscirne limitando i danni.

Saremo in grado di farcela, anche senza avere una data fissa che possa ispirarci. Uno slogan lo lanciamo dal nostro giornale per il Molise che possiede un’alta percentuale di anziani, quasi il 60% in questa terra sono ultra sessantenni; uno slogan che dovrebbe essere fonte di ispirazione e di interventi rassicuranti: “Salviamo i nostri Nonni”.